mercoledì, dicembre 31, 2003

Blood's Diary - I Capitolo

Blood’s Diary

Londra di sera sembrava una cappa d’ombra. Macchine rombavano lungo le strade di Trafalguare Street mentre un vecchio barbone dormiva steso sul ciglio della strada con solo quattro fogli del “Time” come lenzuola.

Camminavo a passo spedito lungo la 24th Avenue, assorto nei miei pensieri e preoccupazioni. Erano 2 settimane che Ryan non si faceva sentire e sembrava proprio che non avesse lasciato nessuna traccia di sé.

Eravamo amici sin dall’infanzia, Paulie e Ryan, la coppia perfetta sempre pronta a qualsiasi scorribanda. Ma da un po’ di tempo a questa parte tutto era cambiato. Ryan era diventato molto più taciturno del solito, non che prima fosse un campione come oratore, scontroso e solitario. Tutto era accaduto dalla scomparsa della moglie. Era risaputo che la giovane Julie avesse un’amante, ma da qui a scappare con lui lasciando quel povero disgraziato del marito solo come un cane….

Fra i tanti pensieri non mi ero accorto di essere arrivato davanti la porta di casa sua. Bussai, ma non vi fu risposta, quindi provai a forzare la maniglia… inutilmente, poiché la porta cedette facilmente alla mia spinta: era aperta.

-Ryan!! – la voce echeggiava nell’appartamento.

-Ryan, gran figlio di cane, dove diavolo sei andato a finire? – imprecavo ma non vi era risposta. Perquisii la casa da cima a fondo, ma non vi era più nulla da osservare. Tutti i mobili erano svuotati, tavoli sedie e divani erano coperti dalla plastica e la stanza da letto era sgombra.

<> pensavo fra me e me, ma una forza esterna, molto probabilmente il mio istinto che reclamava ragioni, mi indusse a scendere in cantina. Faticai non poco a trovare l’interruttore, alla fine decisi di utilizzare la torcia della stanza attigua e scesi. Saggia decisione, poiché la catenella della lampadina pendeva proprio alla fine della rampa di scalini.

La accesi, ma non la ritenni una buona idea. Intorno a me vi era uno spettacolo che a definirlo macabro era ben poco. Le pareti erano imbrattate di scritte oscene tinte di un inchiostro rosso, molto probabilmente sangue. Un cadavere posto a faccia in giù languiva in una pozza di sangue raggrumato. Un tanfo terribile si percepiva nella cantina.

Paralizzato dal terrore mi avvicinai al corpo esamine. Non era possibile, non concepivo l’idea che il mio povero amico fosse stato ucciso in una maniera così brutale: la testa era completamente spaccata e da essa fuoriusciva un materiale strano e di colore scuro, gli abiti erano imbrattati di sangue e la posizione del corpo faceva ripiegare le gambe in orizzontale.

Mi feci coraggio e ribaltai il cadavere, accorgendomi con grande stupore che il suo ex proprietario era, per me, un perfetto sconosciuto.

Accanto al corpo vi era un oggetto in pelle, imbrattato anch’esso di sangue, mi chinai e lo raccolsi aprendolo. Sembrava una specie di diario personale, ma purtroppo si leggeva poco per colpa delle macchie sparse qua e là.

"Stavolta non c’è stato niente da fare, è stato più forte di me" era la prima frase che dava inizio al lungo racconto.

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